Presentazione progetto
Primo percorso: la cartografia degli stabilimenti
Secondo percorso: le fasi produttive degli stabilimenti delle MCM
Terzo percorso: le locandine pubblicitarie delle MCM
“Progetto realizzato con il contributo della Regione Campania – Direzione Generale Governo del Territorio, ai sensi della Legge Regionale 19/2019” |
Presentazione progetto
La manifattura del cotone nel Salernitano ha rappresentato un pilastro fondamentale della realtà produttiva italiana. Le sue origini risalgono agli inizi del XIX secolo, tra la fine del periodo napoleonico e l’inizio della Restaurazione allorquando le particolari condizioni create dal blocco continentale imposto da Napoleone, con la temporanea scomparsa della concorrenza inglese sui prodotti tessili, avevano favorito l’avvio della coltivazione del cotone nel Mezzogiorno e avevano spinto alcuni imprenditori svizzeri a esplorare nuove possibilità di investimento nel Regno di Napoli.
Pioniere del futuro sviluppo manifatturiero campano del cotone era stato Johann Jakob Egg, il quale aveva impiantato una prima filanda a Piedimonte d’Alife nel 1812 destinata a conoscere una lunga fortuna. Altri imprenditori svizzeri, già impegnati da anni nel commercio dei tessili a Napoli, decisero di avviare una nuova manifattura cotoniera nella Valle dell’Irno a pochi chilometri da Salerno.
La scelta del luogo non era casuale. In primo luogo, la presenza del fiume Irno avrebbe fornito l’energia necessaria al funzionamento dei macchinari. In secondo luogo, la coltivazione nelle zone limitrofe di cotone e di robbia, detta appunto rubia tinctorum per il suo ruolo fondamentale nella tintura dei tessuti, avrebbe alleviato in una certa misura i costi di approvvigionamento delle materie prime. La vicinanza alla città di Salerno, invece, con il suo porto e la sua fiera annuale offriva buone possibilità allo smercio della produzione. Infine, e si trattava di un elemento decisivo, la provincia risultava ricca di manodopera a buon mercato, abbastanza avvezza al lavoro manifatturiero che proprio nel settore tessile vantava in zona una lunga tradizione.
Su iniziativa di David Wonwiller e di un altro svizzero tedesco, Friederich Vueblin, nasceva dunque nel 1829 una prima filanda azionata da una ruota idraulica, alla quale fecero seguito altri impianti manifatturieri, tra cui uno stabilimento di tessitura ad Angri e un altro, sempre a Fratte, per la stampa dei tessuti. Qualche anno dopo, sempre per iniziativa di Wonwiller, nacquero la Fumagalli-Fischer, con una nuova grossa filanda a Fratte, e la Schlaepfer-Wenner, che avrebbe rilevato la tessitura di Angri e la stamperia.
Verso la fine degli anni Trenta del XIX secolo si sarebbe giunti alla completa meccanizzazione degli impianti e, salvo puntuali momenti di crisi dovuti a fattori esterni, come il colera del 1834 o gli sconvolgimenti derivanti dai moti del Quarantotto, il polo produttivo continuò a prosperare sino alla svolta rappresentata dall’Unità d’Italia.
La solidità delle aziende permise di superare abbastanza agevolmente la fase di trapasso dal regime borbonico. Grazie alla determinazione dei soci svizzeri e alla loro solidità economica, le aziende del gruppo salernitano riuscirono però a risollevarsi nel giro di pochi anni. Certo, il ritorno alla competitività sul prezzo fu raggiunto col ricorso a un massiccio licenziamento di un terzo delle maestranze ma anche con un vasto piano di ristrutturazione.
I diversi gruppi di imprenditori svizzeri e tedeschi dovettero fare i conti con vari problemi. L’Unità d’Italia e l’aprirsi di un libero mercato con la fine della politica delle commesse da parte dei Borbone, l’importazione della materia prima proveniente dagli Stati Uniti e dall’Egitto (vista la poca produzione italiana), il problema della produzione chimica dei coloranti e dei prodotti chimici necessari alla lavorazione, gli approcci verso il mercato europeo delle cotonate lavorate.
Viene fuori un quadro dinamico di crescita e di gestione imprenditoriale oculata da parte di questi industriali. La grande crescita del complesso avviene durante la Grande Guerra. Già agli inizi degli anni Trenta del Novecento il complesso aziendale delle MCM nella sola Campania è composto da 8 stabilimenti per un totale di 264.000 fusi di filatura, 34.500 fusi di ritorcitura, 4.000 telai, tintoria in tocco, in fila e in pezza, stamperia, per un totale di circa 9.000 dipendenti. Gli stabilimenti sono decentrati nei principali centri industriali campani: Piedimonte d’Alife, Napoli (Poggiobasso e Poggioalto, odierna Poggioreale); Frattamaggiore; Nocera Inferiore; Angri; Fratte; Pellezzano.
Agli inizi del Novecento i cotonifici campani stavano acquisendo fette consistenti di mercato estero. I cotonifici campani riuscivano anche a resistere alle crisi produttive provocate dal crollo della domanda, come nel 1907 o nel 1913. Era iniziato inoltre, a partire dal 1914, l’impianto, da parte dell’Italia, di nuove piantagioni di cotone in Eritrea. Con la Grande Guerra si può ritenere maturo lo sviluppo industriale italiano. La militarizzazione della produzione coinvolge Nord e Sud dell’Italia.
Come in altri complessi italiani, la grande opportunità delle MCM subentra alla metà degli anni Trenta del Novecento, con la politica autarchica che permette la creazione di un mercato di materie prime a basso costo da ricercare nelle colonie. Si creano, così, le prime società per l’incoraggiamento della cotonicoltura in Eritrea e Somalia. Poi, con la conquista dell’Etiopia, vi è la possibilità di espandersi ulteriormente sul mercato coloniale. Così, mentre nasce la Compagnia per il cotone d’Etiopia (con la costituzione delle Manifatture Cotoniere d’Etiopia e con la costruzione di un moderno stabilimento), le MCM si avvantaggiano anche della crisi internazionale che, imponendo sanzioni all’Italia, pone gli stabilimenti campani in una situazione di monopolio nella produzione cotoniera nazionale.
L’archivio delle MCM offre uno spaccato importante in merito a questo processo. Per cui, l’esperienza delle Manifatture Cotoniere Meridionali è uno dei casi paradigmatici che non solo riassumono il complesso cammino della “via del Mezzogiorno” verso l’industrializzazione, ma che fa luce nello stesso tempo su come le regioni meridionali partecipano all’industrializzazione.
L’archivio delle MCM è uno dei tre principali esistenti in Italia e conserva una documentazione fondamentale per fare il punto sulle capacità industriali dell’Italia nella Grande Guerra. Il recupero recente dell’archivio e la sua sistemazione in una sede idonea che ne permette la fruibilità ad un vasto pubblico favoriranno la realizzazione del progetto. Dichiarato di notevole interesse storico il 23 febbraio 1983, ha un primo intervento di riordino e catalogazione all’inizio degli anni Ottanta. Solo nel dicembre del 2015 i suoi fondi sono depositati presso l’Archivio di Stato di Avellino.
La piattaforma digitale ospita tre percorsi relativi alla cartografia industriale delle MCM, i cui materiali provengono dalle prime schedature effettuate dallo stesso Archivio.
La piattaforma è direttamente collegata ad una monografia che si licenzia inerente alla storia e alle funzioni delle MCM.
Primo percorso: la cartografia degli stabilimenti
In questo percorso è compresa la cartografia degli stabilimenti delle MCM collocati in Campania: Piedimonte d’Alife, Napoli, Frattamaggiore, Scafati, Nocera Iferiore, Angri, Fratte, Pellezzano.
Accanto alla cartografia sono riprodotte immagini d’epoca relative alla lavorazione industriale delle cotoniere meridionali: macchine, materia prima, operai, diverse tipologie di strumentazione.
Sono immagini importanti dalle quali è possibile fare il punto sullo stato dell’archeologia industriale.
Il percorso è organizzato, a livello di immagini e cartografia, in base alle tipologie che presentano i diversi tipi di stabilimenti.
Secondo percorso: le fasi produttive degli stabilimenti delle MCM
Le seguenti immagini concernono le diverse fasi della produzione dei prodotti cotonieri delle MCM. Si passa dalla selezione e dalla preparazione delle balle di cotone, alla filatura, tessitura, coloritura, stampatura delle immagini.
Una parte consistente sono relative agli stabilimenti principali di Fratte.
Sono foto pubblicitarie che le MCM utilizzavano per stampare manifesti pubblicitari dove venivano evidenziate le diverse fasi della produzione.
Foto che venivano stampate dalle MCM su piccole lastre di bronzo e che sono state recuperate e trasformate in pdf.
Terzo percorso: le locandine pubblicitarie delle MCM
Il percorso comprende una selezione delle più belle immagini a colori delle locandine pubblicitarie che le MCM utilizzavano per pubblicizzare i propri prodotti.
Sono state selezionate alcune decine di stampe a colori, che vanno dalla fine dell’Ottocento alla Seconda Guerra Mondiale, dove oltre all’immagine pubblicitaria compare la località o la cartografia dei diversi stabilimenti delle MCM.
Documento | File |
1 | Marchi di fabbrica |
2 | Prodotti e campionario |
3 | Locandine pubblicitarie |
“Progetto realizzato con il contributo della Regione Campania – Direzione Generale Governo del Territorio, ai sensi della Legge Regionale 19/2019” |